Cosa significa flussostato?
Il flussostato è un complesso sistema di rilevamento e di controllo che determina il valore di portata di un certo tipo flusso, generalmente allo stato liquido o gassoso. Chiamarlo sistema di rilevamento non è una casualità, perché a differenza di altri meccanismi di misurazione (la cui desinenza è data appunto dalla parola ”metro”, quali ad esempio il flussometro), il flussostato ha la semplice funzione di rilevare (quindi non di misurare) e contemporaneamente monitorare il flusso di un certo elemento all’interno di impianti utilizzati prevalentemente nel comparto industriale.
Effettivamente il termine ”flussostato” può fornirci un valido aiuto per capire di cosa stiamo parlando: con flusso si vuole intendere generalmente lo scorrimento di un qualcosa (il flusso è afferente all’aria e ai liquidi, non ai solidi), mentre la parola ”stato” è indicativa della condizione in cui si trova ad essere proprio il flusso.
Questo breve incipit ci serve pertanto per spiegare il funzionamento del flussostato nell’ambito degli impianti industriali e i meccanismi adoperati in questo settore per il controllo dei sistemi. Il flussostato è, di fatto, un dispositivo a due stati che si riduce alla funzione di ”aperto” e ”chiuso”, allo stesso modo di un qualsiasi interruttore domestico che, azionato, permette di adoperare un certo oggetto.
Sembra un meccanismo facile da utilizzare poiché utilizza il principio del leverismo, cioè della leva, eppure nella sua semplicità ha un qualcosa di complesso in quanto il principio posto alla base del flussostato viene applicato non per mettere in funzione un sistema industriale, quanto invece per monitorarlo.
Esistono infatti impianti industriali i quali, per via dell’elevato calore generato al loro interno o del tipo di gas che producono o che sfruttano per il loro funzionamento (un esempio tra tutti alcuni gas corrosivi), non possono essere controllati con i tradizionali sistemi di monitoraggio.
Si pensi agli impianti di condizionamento, a quelli di trattamento dell’aria, ai sistemi di ventilazione o di riscaldamento di batterie che necessitano di essere verificati per un corretto funzionamento: se da un lato questi potrebbero risultare pericolosi per un controllo eseguito senza particolari cautele, dall’altro diventa necessario trovare un dispositivo che consente di esaminare, nei tempi e nei modi necessari all’impianto industriale, i sistemi di flusso.
Come funziona il flussostato?
Il flussostato, quindi, non è altro che un sensore che funziona quando si trova in una certa condizione. Gran parte delle volte i flussostati sono dispositivi elettro-meccanici composti da due parti: una lamella (l’elemento meccanico immerso nel fluido) e un contatto elettrico che si aziona quando la medesima lamella passa da una condizione A ad una condizione B dello stesso flusso.
Il passaggio dalla condizione A a quella B attiva il contatto elettrico segnalando all’esterno il cambio di flusso che avviene all’interno dell’impianto, per questo il principio alla base del flussostato è quello del leverismo. La lamella funge da leva che contemporaneamente aziona il contatto elettrico ma il funzionamento stesso non è dato da particolari meccanismi sensibili al tipo di flusso. La lamella ”accende” o ”spegne” l’interruttore quando cambia la portata d’aria all’intero dei sistemi industriali, proprio come avviene con le leve meccaniche nel momento in cui vengono sollecitate da una certa pressione.
La lamella, alla stregua di una leva meccanica, si muove con la pressione dell’aria che circola all’interno dell’impianto industriale e, a seconda se l’aria manca (condizione A) o diminuisce (condizione B), essa segnala questa condizione all’esterno facendo leva sul contatto elettrico.
Come funziona il flussostato per aria?
Il funzionamento dei flussostati è pressoché simile sia che si tratti di dispositivi per la circolazione di un liquido, sia per quelli che controllano la pressione di aria e di gas. A cambiare potrebbero essere i materiali con cui sono costruiti che potrebbero variare a seconda del tipo di impianto industriale su cui andranno installati.
I flussostati d’aria sono di solito tarati e preimpostati per rilevare una certa pressione.
Il dispositivo può presentare diverse tarature di valori, a seconda della grandezza dell’impianto industriale e del tipo di pressione che sarà esercitata dalla circolazione dell’aria: una manopola o un sistema a vite, appositamente ruotate, permettono di regolare la pressione che la lamella dovrebbe rilevare.
Il flussostato viene installato nella maggior parte dei casi posizionando la lamella in maniera tale che la stessa segua il flusso dell’aria, preferibilmente scegliendo un punto in cui il canale sia rettilineo. La rettilineità serve ad evitare che improvvisi turbolenze d’aria (che si potrebbero generare, ad esempio, quando l’aria fuoriesce da un tratto di tubazione ad angolo retto o acuto) possano non solo rendere instabile la lamella, quanto vanificare lo stesso sistema di rilevamento. Un getto d’aria improvviso dovuto non alla pressione costante dell’aria quanto invece alla conformazione del sistema di tubazione potrebbe generale turbolenze all’interno degli stessi canali.
La lamella rimane aperta quando la pressione all’interno del canale è costante segnalando questo valore mediante una spia di un certo colore. Un cambiamento improvviso della pressione dell’aria (di solito in diminuzione) aziona la lamella facendola chiudere. La chiusura della lamella funzionerà come una leva attivando il contatto elettrico che, a sua volta, segnalerà il cambiamento di flusso modificando il colore della spia. Questo cambiamento indicherà agli addetti area la necessità di intervenire sull’impianto industriale.
Di quali materiali può essere composto il flussostato d’aria?
Il flussostato d’aria gran parte delle volte è composto da materiali che lo rendono intaccabile o, comunque, in grado di funzionare per molto tempo. Le lamelle (chiamate anche palette da alcune case costruttrici di flussostati), sono realizzate di solito in acciaio inox, uno dei materiali in grado di durare nel tempo con la caratteristica di essere inossidabile.
Le lamelle sono in continuo contatto con getti d’aria sia calda che fredda e si sa che l’aria tende ad arrugginire alcune leghe metalliche: l’acciaio inox di cui sono costituite le lamelle garantisce una durata maggiore rispetto all’utilizzo di altri materiali che, invece, potrebbero creare problemi una volta entrati in contatto con l’aria. L’acciaio inox è, di fatto, in grado di resistere a temperature che oscillano fra i meno 40° e gli 85°, rimanendo intatto anche con un livello di umidità che può sfiorare addirittura il 95% in determinate condizioni.
Il secondo elemento del flussostato è sicuramente la leva, un’asta di circa 2 centimetri che collega la lamella al contatto elettrico. La leva, a differenza delle lamelle, è realizzata di ottone, una lega a base di rame e di zinco abbastanza robusta per l’uso che ne viene fatto nei flussostati. La leva, dovendo rilevare il getto d’aria segnalato dalla lamella, deve essere necessariamente costituita da un elemento in grado di azionare il contatto elettrico nel momento in cui la pressione dell’aria all’interno del canale sarà notevolmente ridotta.
Terzo elemento del flussostato è il contatto elettrico, costituito da un microinterruttore a base di stagno con un’alimentazione che è di 24…250Vac, 15(8)A. La custodia esterna, ovverosia la scocca che racchiude il microcircuito per la segnalazione del flusso viene costruito con materiali possibilmente ignifughi (soprattutto per i flussostati del comparto industriale) quali l’ABS e l’acciaio zincato.
Infine le dimensioni ed il peso. Molti flussostati sono di misura ridotta per essere posizionati in determinati punti del sistema di tubazione dell’aria; si parla di circa 10 – 12 centimetri di lunghezza e di larghezza per poco più di 7 centimetri in altezza. Alcuni dispositivi potrebbero raggiungere anche dimensioni maggiori arrivando a 20 centimetri.
Il peso si attesta attorno ai 700 gr, mentre il design è semplice e funzionale, lineare e adatto al tipo di uso del flussostato.
Qual è la differenza fra il flussostato, il flussometro ed il flussostato calorimetrico?
Pur avendo stessa radice sia il flussostato che il flussometro sono due dispositivi utilizzati per due differenti scopi. Il flussostato, come abbiamo detto poc’anzi, rileva (quindi non misura) il flusso in circolazione all’interno di un canale e l’interruttore azionato dalla lamella non indica sistemi di misurazione (ad esempio quelli di velocità) per il getto dell’aria.
Di fatto il flussostato si accende o si spegne, oppure cambia il colore della spia senza indicare nello specifico di quanto sia diminuito il flusso dell’aria nel sistema di tubazione. Il flussostato è un dispositivo semplice, sfrutta il principio del leverismo, ha tre componenti base e l’unica tecnologica è quella del contatto elettrico. È vero, il meccanismo alla base del flussostato è elementare, ma sicuramente essenziale soprattutto per alcune tipologie di macchinari che non richiedono particolari tipi di misurazione.
Il flussometro svolge la funzione opposta, ossia rileva la portata, il volume o la massa del flusso in circolazione. A seconda quindi della misurazione potrebbero variare anche le unità di misura che prendono come riferimento, ad esempio, il tempo di percorrenza del flusso in un certo tratto di canale, la pressione esercitata al contatto con la paletta oppure la densità rilevata in un certo momento. E già da questo aspetto è possibile capire la principale differenza tra flussostato e flussometro.
Dei flussostati per aria è possibile, a loro volta, distinguere fra quelli semplici (ampiamente trattati nei paragrafi precedenti) e quelli calorimetrici che hanno una funzione ancora più specifica nei sistemi industriali che sfruttano l’aria. I flussostati calorimetrici sono sicuramente dotati di una lamella posizionata all’interno di un canale, ma la stessa non è altro che un sensore il cui scopo è quello di rilevare l’intensità di calore prodotta dal getto dell’aria.
Di flussostati calorimetrici ne esistono di due tipi, per il riscaldamento continuo e per il riscaldamento regolato che, pur funzionando allo stesso modo (i sensori della lamella rilevano la temperatura calda e quella fredda) cambia il principio di base che mette in funzione la sonda posta all’interno della tubazione. L’indice del calore è quindi la differenza tra i flussostati tradizionali e quelli calorimetrici considerando che, questi ultimi, sono adoperati soprattutto per impianti di circolazione di gas e liquidi.
Flussostati calorimetrici e flussometri hanno una terza differenza con i flussostati per aria, ovverosia la tecnologia. Mentre per i primi due si parla di sistemi spesse volte sofisticati, per il flussostato d’aria la semplicità di utilizzo lo rende adatto per diversi sistemi industriali.
Dove e quando vengono utilizzati i flussostati d’aria?
I flussostati per aria, come abbiamo detto, sono utilizzati in molti impianti industriali che sfruttano la circolazione dell’aria all’interno di un sistema. Molte volte vengono installati nei sistemi di condizionamento non per rilevare la temperatura all’interno dei canali, quanto proprio per monitorare il flusso continuo dell’aria nell’impianto.
Abbiamo detto che il posizionamento del flussostato dovrebbe essere in un punto in cui il flusso è costante, magari lontano dagli snodi delle tubazioni, ma nulla vieta di inserirli in prossimità di bocchette in entrata o in uscita o, ad esempio, adiacente a cappe di aspirazione. I flussostati hanno la funzione di segnalare la diminuzione del flusso dell’aria nei canali, per cui in alcune industrie servono per verificare se i filtri di aspirazione o di getto necessitano di essere sostituiti o ripuliti. Per questo è necessario utilizzare il principio del leverismo piuttosto che dispositivi dalla tecnologia avanzata. Semplice ma altamente efficace.